La conoscenza nell'Era del Computer

Lungo tutto il XX° secolo le evoluzioni scientifiche e le innovazioni tecnologiche hanno prodotto una serie straordinaria di cambiamenti nell'organizzazione del sapere umano. Sono stati cambiamenti di grande intensità, che hanno modificato il nostro sguardo sulla storia, sulla natura, sull'uomo, sulla conoscenza. In luogo dell'immagine cartesiana del metodo, con un sapere formalizzabile, con leggi “naturali”, astoriche, capaci di spiegare e quindi di controllare i processi della storia, si è proposta una cultura della complessità e dell'incertezza, degli stati di squilibrio, tanto che le stesse leggi scientifiche possono essere considerate convenzioni con una loro storicità e quindi soggette al cambiamento.

di Fiorello Cortiana

Il riconoscimento dell'irriducibile complessità dei fenomeni che ci è stato proposto dalle scienze contemporanee, dalla biologia agli ecosistemi, dalle neuroscienze alla fisica, ha messo in luce l'importanza della dimensione specifica e personale delle esperienze della conoscenza. Non un sapere lineare e gerarchico-piramidale, non un sapere prodotto da sintesi rassicuranti, quindi, ma una condizione problematica che richiede ad ognuno la definizione ed il gioco di strategie cognitive in relazione interpretativa ed attiva con la costante evoluzione dell'universo. Sono stati pagati pesanti prezzi dall'umanità per acquisire una nuova consapevolezza: quello scorso è stato il secolo atomico, di guerra e di pace, con ideologie che si proponevano come leggi fondamentali assolute, con una cultura ed una pratica della crescita quantitativa illimitata garantita da una presunta coincidenza tra tempi storici e tempi biologici, con questi ultimi dipendenti dai primi.

Così lo sgretolarsi del sapere come struttura rigida ha consentito di riconoscerlo e di praticarlo come contesto in divenire che chiama in causa ognuno di noi non come vestali, rigorose interpreti di una liturgia e di una ritualità date per sempre e che con costanza vagliano ciò che è ammissibile e ciò che va espunto o non considerato per il nostro sapere, piuttosto ci chiama in causa come responsabili e curiosi protagonisti dei nostri percorsi individuali e delle loro relazioni collettive. Un contesto evolutivo per il sapere richiede e consente la pluralità degli sguardi e dei punti di vista, dei linguaggi, anche espressivi, dei modelli e delle immagini, richiede e consente l'incontro, la cooperazione ed il conflitto tra loro. Consente e deriva dalle loro contaminazioni, dalle loro combinazioni creative, per la produzione di conoscenza.

Anche i modelli di trasmissione del sapere concorrono alla definizione della sua natura. Abbiamo visto quali problemi genera la presunzione gerarchica nella relazione tra la dimensione dei tempi storici e la dimensione dei tempi biologici, abbiamo visto in azione l'hibrys antropocentrica con il nucleare e ancor più la vediamo in azione oggi con la modificazione della natura costitutiva del vivente attraverso gli organismi transgenici. Anche all'interno delle dinamiche proprie dei tempi storici vediamo quali difficoltà di relazione si danno tra visioni di civiltà fondate su ideologie o su religioni quando l'approccio è integralista e gerarchico. Le difficoltà che l'uomo contemporaneo sta attraversando e dolorosamente pagando per quanto riguarda la conoscenza ed i percorsi e gli sguardi differenti per acquisirla, risiede nella ricerca di di criteri ed ordinamenti assoluti ed esercitanti, nella loro oggettività, una funzione normativa e prescrittiva sulle pratiche. Mai come oggi, invece, è evidente l'esigenza di integrare la soggettività e l'oggettività proprie di ogni specifico e differente approccio.

La consapevolezza della limitatezza di ogni singolo approccio, di ogni specifico linguaggio e puntodi vista, è il punto di partenza che ci consente di valorizzare le relazioni interdisciplinari, così come quelle interetniche, quelle interreligiose o quelle interculturali: nel riconoscimento del multiverso ed in un approccio multidirezionale risiede la risposta alla domanda di senso inevasa dal venir meno del modello ideale di un unico linguaggio interpretativo dei problemi. Ci troviamo di fronte a due esigenze nella definizione di una strategia per la conoscenza in condizioni di complessità.

La prima è quella di ricomporre il rapporto tra sapere scientifico e sapienza legata all'esperienza e all'efficacia dell'azione umana. Fino a pochi decenni fa la riflessione intorno allo sviluppo della civiltà planetaria e quella relativa alle trasformazioni della scienza avvenivano su percorsi paralleli, mancava qualsiasi riflessione e valutazione sulla loro interazione, tant'è che disastri nucleari come Three Mile Island e Chernobyl avvenivano dentro a sistemi retti da ideologie contrapposte relativamente alle pratiche di mercato e alle relazioni redistributive ma con lo stesso modello scientifico economico dalle astronavi alle centrali nucleari. Proprio le catastrofi nucleari hanno fatto emergere la consapevolezza delle trasformazioni ecologiche che stanno interessando il pianeta. La consapevolezza sviluppatasi ha consentito da un lato la valorizzazione di quei modelli scientifici che valorizzavano il ruolo creativo e fecondo della diversità e della etereogeneità degli ecositemi contro ogni impoverimento e riduzione del vivente; sotto un altro profilo ha consentito di valorizzare l'irriducibilità di ogni fenomeno nella relazione tra tempi diversi e quindi l'impossibilità di previsioni certe degli effetti dovuti alle nostre azioni sull'ambiente nello spazio e nel tempo. Forse il “principio di precauzione” insieme a modelli socialmente partecipati di progettazione sul territorio sono il portato più emblematico di una ricomposizione tra sapere e sapienza.

La seconda esigenza risiede nella necessità di ricomporre l'unità circolare tra mente-corpo-natura come consapevole sistema cognitivo, più sensibile ed efficace nel relazionarsi con la complessità evolutiva, perchè capace di contemplare la relazione tra approccio estetico ed approccio razionale, tra somiglianze e differenze, tra sfumature cromatiche e il passaggio secco tra bianco e nero.

Oggi il nostro rapporto con la conoscenza non si trova più di fronte alla necessità di trovare un unico, grande linguaggio interpretativo e di assecondare le sue imposizioni, oggi più laicamente possiamo e vogliamo capire e praticare le possibilità che si aprono nella relazione e nell'osservazione tra\con leggi e regolarità, naturali o storiche che siano.

La conoscenza, quindi il rapporto tra sapere\sapienza ed i progetti di organizzazione e trasmissione del sapere, si presenta come la sede di elaborazione e di sperimentazione di nuove comunicazioni, connessioni, contaminazioni, tra i punti di vista dei diversi linguaggi e delle diverse esperienze degli universi locali.

Proprio la realtà planetaria e reticolare costituita da internet sembra definire il contesto di meravigliosa complessità all'altezza delle sfide attuali per la conoscenza, una rete tanto simile alla rete neuro-cerebrale quanto alla relazione tra ecosistemi differenziati all'interno della biosfera.

Ogni computer, ogni nodo della rete, come parte del tutto, contribuisce alla sua evoluzione qualitativa e quantitativa, così come questa ricchezza sistemica diversificata può passare tutta per il piccolo nodo, il tutto nella parte.

Non si tratta solo di un nuovo strumento tecnico, un nuovo supporto informativo più efficiente, interno ad un modello classico di relazione verticale “uno a molti”, nella rete è possibile non solo una relazione bidirezionale ma anche una moltiplicazione di funzioni e di relazioni tra i vari linguaggi espressivi dove, eterogenesi dei fini, in luogo del controllo previsionale disciplinato si danno esperienze di nomadismo relazionale e culturale nelle quali ai battaglioni irrigimentati si sostituiscono gli sciami nella loro composizione\scomposizione e mobilità. Qui nascono i problemi, proprio per la non virtualità della “rete delle reti”, proprio perchè essa è una estensione delle possibilità cognitive e di produzione di risposte di senso, essa ripresenta e, se possibile, accentua le resistenze riduzioniste ai mutamenti verso una cultura della complessità.

Per capire da dove muovono queste resistenze al mutamento che la rete ha messo in moto dobbiamo avere chiaro cosa si muove in rete, quale è la materia in gioco da controllare. La comunicazione nelle sue modalità, nella forma di stringhe di algoritmi, costituisce la materia in gioco ma la natura di questo bene è l'immaterialità e la natura dei nodi comunicazionali della rete è la non fisicità fondiaria, immobiliare, urbanistica, che dà luogo ad una architettura dei percorsi caratterizzati dal nomadismo. Per cui ognuno come soggetto di comunicazione può essere ovunque e può comunicare con chiunque, indipendentemente dalla sua collocazione fisica.

Conseguentemente la riduzione a merce dei contenuti della comunicazione e delle sue modalità risulta tanto prepotente quanto goffa: per affinità, presunta, con la musica che sta nei CD, o i racconti che stanno nei libri, o i film che stanno su nastro, si usa in modo estensivo la normativa sulla Proprietà Intellettuale, per affinità, presunta, con processi di produzione di merci materiali si usa in modo estensivo la normativa sulla brevettabilità. Da sempre ogni prodotto ed ogni processo atto a produrlo ha sempre avuto un carico informativo, carico che nel corso della storia è andato aumentando, ma solo ora con il passaggio all'era digitale è il processo informativo in sé, non oggettivato, non formalizzato, a divenire processo produttivo, per questo nell'era digitale la conoscenza diviene essa stessa capitale da valorizzare. Per questo si cerca di applicare alla conoscenza i modelli di tutela della Proprietà Intellettuale e di Brevetto propri della società industriale e post-industriale. Ma è la natura della conoscenza e la sua modalità di produzione attraverso la creatività e la libertà a stridere con questa logica riduzionistica. Per altro il comun denominatore digitale e questa riduzione del vivente a luogo di tutele proprietarie per garantire rendite di posizione, porta con sé una logica paradossale ed implosiva.

Nel settembre 2002 la Commissione sui Diritti della Proprietà Intellettuale del Dipartimento Britannico per lo Sviluppo Internazionale ha risposto alla richiesta della Università di Stanford, relativa a come il sistema dei brevetti poteva essere utile ai paesi poveri del mondo. Nel rapporto finale la Commissione ha messo in guardia i paesi poveri dall'impegnarsi nel sistema di brevettazione del mondo-ricco, che spesso con logica di biopirateria, brevetta conoscenze tradizionali locali secolari, legate a rimedi naturali e suggerisce ai paesi in via di sviluppo di permettere agli utilizzatori di aggirare le barriere tecniche per accedere alle potenzialità di internet.Il rapporto, infine, afferma che i paesi ricchi, che a Johannesburg hanno recentemente riconfermato il loro interesse per lo "sviluppo sostenibile", non dovrebbero spingere per ulteriori rafforzamenti dei brevetti. I problemi e le indicazioni sollevati dal rapporto della Commissione non hanno suscitato l'entusiasmo delle multinazionali della farmaceutica e del software e hanno messo in luce i problemi derivanti ai paesi poveri dal conformarsi, entro il 2006, all'accordo TRIPS (aspetti dei diritti di proprietà intellettuale relativi al commercio) siglato nell'ambito del WTO. Questi risievi sono stati anche sollevati nel rapporto 2003 del FTC (Agenzia per il Commercio del Governo statunitense) che considera frenante per lo sviluppo dell'economia il sistema dei brevetti software.

E' curioso vedere come prendono corpo, in questo contesto, nuove alleanze tra diversi settori come quello informatico e quello biotecnologico "Così come l'invenzione della stampa (1450) ha svolto un ruolo fondamentale nella riforma protestante e, duecento anni dopo, nella rivoluzione industriale, così nel XX secolo il computer diventa il nuovo strumento utilizzato per decifrare i geni, memorizzarli, organizzarli, sfruttarli (lo dimostrano le alleanze strategiche con le grandi società che operano nel campo delle biotecnologie già messe in campo da Microsoft)" 1.

Nella storia dell'uomo la nascita della civiltà, con tutte le strutture e le funzioni dedicate alla comunità sociale, è dovuta all'invenzione dell'agricoltura e alla conseguente eccedenza di cibo relativamente ai bisogni. Questo settore primario ha consentito i successivi sviluppi industriali, poi terziari, fino a giungere al quaternario avanzato e alla dematerializzazione nella società della comunicazione. L'innovazione scientifica e tecnologica hanno consentito all'agricoltura sviluppi quantitativi impensabili e la creazione di una industria agroalimentare, ma ogni volta che l'uomo ha ecceduto nell'intensità dello sfruttamento della terra, nella riduzione della sua complessità a variabile dipendente, nelle forzature dei tempi biologici, si sono prodotti squilibri ambientali, riduzione delle specie e delle varietà, pericoli per la sicurezza alimentare.

In natura gli incroci tra organismi viventi avvengono entro i limiti della specie, laddove l'ingegneria genetica è una tecnica innovativa che prevede l'inserimento anche di geni appartenenti ad una specie nel corredo genetico di un'altra, al fine di trasferire le caratteristiche desiderate. Fino ad ora le ricerche e le applicazioni in questo campo sono relative all'aumento della resistenza agli erbicidi, in modo da utilizzare (aumentandone la produzione e la diffusione, con minori preoccupazioni e precauzioni per le piante coltivate) questi composti per combattere le erbe infestanti, oppure all'aumento della resistenza agli insetti (al fine di combattere quelli nocivi). Ulteriori ricerche sono finalizzate a produrre sementi che svilupperanno sementi sterili. Questo ultimo aspetto, in particolare, consente di inquadrare le ricerche e le applicazioni degli OGM all'interno di un quadro agro-industriale che prevede (a partire dalla brevettazione delle sementi) contratti con gli agricoltori che includono l'obbligo di acquistare, insieme alle sementi, i cui semi derivati è vietato riseminare l'anno successivo, i composti erbicidi ed insetticidi della stessa azienda.

Un altro aspetto dell'attività delle aziende dell'industria delle biotecnologie riguarda la definizione di invenzione di geni e principi attivi, presenti negli organismi viventi animali e vegetali, riprodotti industrialmente o comunque modificati, con conseguente brevettazione e sottrazione alla libera disponibilità. Si configura così un monopolio e una privatizzazione delle conoscenze ed un rapporto di dipendenza univoca da parte degli agricoltori; ne deriva inoltre che le popolazioni che, con la loro presenza ed attività, hanno preservato patrimoni naturali contenenti geni e principi attivi brevettati, non ne dispongono più liberamente.

Lo specifico interesse industriale legato alla brevettabilità ha causato l'abbandono di molte varietà tradizionali. Nel 1949 esistevano 10000 varietà di riso, nel 1970 1000, oggi circa 150 milioni di ettari sono coltivati con sole due varietà, naturalmente brevettate. Come ha denunciato Vandana Shiva secondo questa logica in India "le varietà indigene raccolte direttamente sono sostituite da semi ibridi più vulnerabili, che per lo più devono essere riacquistati ogni anno." 2. Gli eccessi del copyright non conoscono limiti espressivi, tant'è che i familiari di John Cage, nel nome del diritto d'autore, hanno intentato causa ad un musicista colpevole di aver inserito in un album 60 secondi di silenzio totale, silenzio già usato da Cage per un suo brano. Viene da chiedersi cosa sarebbe dell'arte senza le citazioni, le contaminazioni e le combinazioni: se Jerry Lee Lewis avesse brevettato il Rock and Roll cosa ne sarebbe stato di Evis e poi dei Beatles e degli Stones?

Come abbiamo visto la terra e la rete sono due ambiti dove agiscono le logiche di controllo esclusivo della conoscenza, ma un terzo luogo è costituito dai nostri corpi, ancora Rifkin"anche molte usanze secolari, riguardanti sessualità, riproduzione, nascita, maternità e paternità, potrebbero essere accantonate." 3, come nota Alberto Melucci "Il corpo può essere "normalizzato" attraverso interventi esterni, come i farmaci, la modificazione chimica del cervello, la manipolazione dei ritmi biologici, o invece diventare il campo di una esperienza autonoma e dotata di senso che permette di utilizzare i molti potenziali della specie umana al di là del semplice potere delle facoltà corticali" 4 .

Qui non ci interessa solo mettere in luce il sistema internazionale della brevettazione come elemento indispensabile per il marketing commerciale di imprese multinazionali che, nel settore dell'agricoltura o in quello informatico, tendono a definire condizioni monopolistiche. Né solo denunciare come queste imprese "fidelizzano" il cliente attraverso relazioni di tale dipendenza da risultare un vero e proprio asservimento. Contro questa logica cresce una consapevolezza planetaria, ovunque nel mondo si muovono dagli agricoltori agli utilizzatori di software e, oltre ai conflitti sociali, si aprono anche contenziosi giuridici tra istituzioni e questi monopoli. Tuttavia c'è qualcosa che va oltre la natura di un modello commerciale e chiama in causa, in modo irripetibile, la politica e la politica pubblica: queste realtà monopolistiche tentano di scambiare come prodotti, da tutelare tramite brevetti, gli alfabeti utilizzati per produrli. Siano alfabeti appartenenti alla sfera biologica, come i codici genetici, o appartenenti alla sfera antropologica come gli algoritmi o le sequenze di accordi musicali.

Con la riduzione degli alfabeti ad una disponibilità proprietaria è a rischio la libertà di narrazione, di comunicazione, naturale o culturale, quindi di conoscenza: la libertà di espressione e di creazione culturale e colturale avverrà entro i limiti consentiti dagli standard proprietari pre-definiti.Un esponente di una importante industria biotecnologia in una intervista a Liberation è stato molto chiaro "La rivoluzione delle biotecnologie è paragonabile a quella di Internet. In entrambi i casi si tratta di entrare per primi in possesso dell'informazione. Occorre dunque diventare l'Intel dell'agricoltura, essere in una posizione di dominio per costringere il mercato a usare una sequenza codificante protetta da brevetto." Replica Rifkin"se si permette ad un certo numero di aziende impegnate nel settore delle scienze della vita di controllare il patrimonio genetico della nostra evoluzione, dai micorganismi fino ad arrivare agli esseri umani, ci risveglieremo, nel XXI secolo, in un mondo in cui alcune aziende monopolizzeranno il mercato dei processi biologici della vita stessa."5.

In gioco è quindi lo statuto della proprietà della conoscenza: cioè se essa costituisce un bene universale, cioè delle attuali e future generazioni, e per questo inalienabile o se la sua condizione e la sua natura devono essere definite da chi, con le buone e con le cattive, riesce a metterle sotto chiave. Dice ancora Melucci"Evidentemente è un potere che si colloca oltre il controllo sul contenuto dell'informazione, ma anche oltre i codici che organizzano le fonti e la costruzione dell'informazione. Il potere non ha più a che fare con quello che viene detto, ma con la possibilità di creare e percepire il senso di ciò che viene comunicato: quando tutti diventano potenzialmente produttori e consumatori di informazione si esercita potere solo se si controlla il modo in cui si produce e si riceve il senso della comunicazione stessa". Periodicamente veniamo informati e stupiti dalle singolari proprietà sviluppate dall'up grade del software della grande multinazionale informatica o dalla nuova applicazione transgenica della multinazionale del biotech, questo approccio semplificato e riduzionista ignora i contesti e le conseguenze indesiderate, nello spazio e nel tempo.

Pensiamo a cosa accadrebbe se un sistema operativo con le sue specifiche applicazioni, o un modo produttivo e le sue specifiche produzioni, divenissero gli unici, con una condizione di monopolio garantita ed imposta per via normativa e di accordi internazionali: quali altri modi, quali altri sguardi, quali altre vie ci precluderemmo? I processi mentali, le possibilità cognitive, non possono vivere una limitazione qualitativa dovuta ad una costrizione di mezzi\metodi univoci ed unidirezionali: nella impostazione del trattamento di determinati problemi certi programmi hanno impostazioni logiche che possono piegare in modo inaspettato ed indesiderato le nostre domande, indipendentemente dalla nostra volontà. Riconoscere la fallibilià dei computer come materializzazione della nostra limitatezza ci deve portare a modalità di relazione con i programmi ed i loro codici sorgenti, che consentano di individuare limiti ed errori, anche logici, che permettano di trovare soluzioni attraverso approssimazioni successive, consentite da sguardi molteplici e comparazioni tra vie differenti per la risposta a domande simili. La conoscenza nell'era digitale è caratterizzata e prodotta da contesti tecnologici e normativi che ne garantiscano e ne favoriscano le condizioni per la creatività.Le contaminazioni e le combinazioni possibili, e acora non immaginabili, sono la modalità della produzione creativa "d'altra parte la vita è un costante flusso di molecole e di energia, in cui risultano importanti, da un punto di vista informativo, la struttura del contesto, la forma, le dimensioni, la composizione qualitativa e quantitativa della rete, piuttosto che la singola molecola." 6.

Sulla questione della libertà e della disponibilità degli alfabeti e sulla condivisione della conoscenza deve prendere corpo l'alleanza politica tra sfera biologica e sfera antropologica nelle loro articolazioni culturali, economiche e sociali. Come rileva Carlo Formenti ci sono argomentazioni diverse ma convergenti per nuove eresie economiche "Conoscenza e creatività, a differenza delle materie prime, non possono essere consumate ma hanno la prerogativa di aumentare quanto più circolano e quanto più vengono condivise e distribuite fra un vasto numero di soggetti" e ancora "si sottolinea come la Rete consenta di fare circolare una quantità illimitata di copie di qualsiasi bene immateriale a eccezionale velocità, una possibilità che, oltre ad abbassare il valore delle singole copie, fa sì che il valore complessivo del bene immateriale in questione aumenti vertiginosamente in relazione della quantità delle relazioni attivate dalla circolazione delle copie" 7. E' in gioco la sovranità pubblica e con essa la nostra libertà, per questo se, come notano Di Corinto e Tozzi"Uno dei principali obbiettivi dei movimenti è stato quello di far condividere le risorse disponibili nel mondo al maggior numero di persone possibile."8, occorre che questo diventi una consapevolezza per l'alleanza tra sfera antropologica e sfera biologica al fine di produrre una innovazione qualitativa.

Ci si inizia ad interrogare sull'utilità dei brevetti in sé e persino del copyrigth nell'era digitale, sarebbe utile tornare a tutele differenziate a seconda del prodotto o del processo, ipotizzare libere utilizzazioni per fini non profit, come la tutela della vita, usare criteri di protezione che abbiano come precondizione il rispetto dei diritti umani, perchè solo la libertà di accesso alla conoscenza garantisce la libertà di concorrenza sui mercati e quindi l'innovazione qualitativa, sociale e di prodotto.

Se il mondo del digitale ha brevettualmente costretto e schiacciato tutto il sistema dei prodotti e dei processi produttivi, proprio da esso viene una indicazione alternativa, pensiamo alla licenza GPL di GNU-LINUX che ha utilizzato e rovesciato le logiche proprietarie parassitarie. L'esperienza del software libero ha proposto e dimostrato, la possibilità e l'utilità del modello e della pratica della condivisione della conoscenza. Questa esperienza, diffusa nel pianeta, ha proposto anche in termini inaspettati la cultura del dono e la conseguente implicazione sociale per un patto qualitativo delle relazioni. Una nuova frontiera per la giurisprudenza e per i parlamenti risiede nel riconoscere le conoscenze prodotte in ambiti pubblici (Università e Centri di Ricerca ) come patrimonio pubblico universale non disponibile e non riducibile ad alcuna privatizzazione. Un nuovo modello di tutele che non freni l'innovazione e la condivisione delle conoscenze che dal supporto digitale si estenda alla sfera biologica. Le battaglie contro la deriva transgenica sono avvenute con l'opposizione alla “brevettabilità del vivente”, da Seattle a Cancun una composita rete sociale ha sostenuto che “il mondo non è in vendita”, per questo una proposta di Carta Costituzionale Europea dovrebbe considerare beni universali e garantirne la disponibilità, a queste e alle future generazioni, la questione della proprietà pubblica della conoscenza, della disponibilità degli alfabeti, del controllo dei processi delle filiere produttive o della medicina rispetto ai nostri corpi.

Sen. Fiorello Cortiana

Note

1(Gianni Tamino, Fabrizia Pratesi "Ladri di geni") 2(V.Shiva su Carta n 2 dic.'99) 3(J.Rifkin"Il secolo biotech”) 4(A.Melucci"Culture in gioco") 5(J.Rifkin"Il secolo biotech”) 6(Pier Mario Biava"Complessità e biologia. Il cancro come patologia della comunicazione") 7(C.Formenti "Mercanti di futuro") 8(A.Di Corinto, T.Tozzi"Hacktivism")